A 2 anni esatti dall'inizio, in Umbria, della campagna di ”obbedienza civile”, con la quale decine di cittadini/utenti si sono autoridotti la bolletta dell’importo corrispondente alla Remunerazione del Capitale Investito, possiamo festeggiare la ricorrenza con due sentenze emesse dal Giudice di Pace di Arezzo, le quali, per la prima volta in Italia, hanno riconosciuto l'obbligo del gestore di non addebitare in bolletta tale quota, abrogata dal referendum popolare del 2011.
Di fatto le sentenze n. 437/2013 e n. 438/2013, accogliendo i ricorsi presentati dai sig.ri dalla Ragione Giuliano e Farsetti Fabio, assistiti dall’avv. Sandro Ponziani, del Foro di Città di Castello, hanno riconosciuto che spetta ai medesimi il rimborso di quanto corrisposto al gestore, dal 21.07.2011 (data di proclamazione degli esiti referendari), alla data della domanda (gennaio 2013), a titolo di remunerazione del capitale e hanno altresì condannato il gestore al pagamento delle spese di causa.
Come é noto, nel giugno 2011, si é tenuto un referendum abrogativo, a cui hanno partecipato oltre 27 milioni di elettori, a seguito del quale si è pervenuti all'abrogazione ( con oltre il 95% dei voti favorevoli ), della norma che contemplava fra le voci di calcolo per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato, anche “la remunerazione del capitale investito” ( vale a dire il “profitto” dei gestori). Senonché i gestori, compresa Umbra Acque S.p.a., ignorando platealmente l'esito referendario,hanno continuato ad emettere fatture comprensive anche dell’importo corrispondente alla “remunerazione del capitale investito”, non più dovuto al momento della emissione delle bollette.
Di fronte a tale illegittimo comportamento, attuato in dispregio della volontà popolare, i Comitati per l'Acqua Pubblica, e lo stesso Comitato Umbro per l’Acqua Pubblica, promuovevano la cd. campagna per l'“obbedienza civile”, consistente nell'autoriduzione, dalle somme fatturate, dell'importo corrispondente alla remunerazione del capitale, non più dovuto a seguito del referendum.
Con le due sentenze, il Giudice ha ora riconosciuto, da un lato la illegittimità del comportamento tenuto dal gestore e, dall'altro, implicitamente, la liceità dell'obbedienza civile, con la quale gli utenti non hanno fatto altro che applicare la legge, in ottemperanza all'esito referendario, disatteso invece dai gestori, che prima di ogni altro avrebbero dovuto rispettarlo.
Anzi, dopo che il governo Monti nel 2011 aveva attribuito competenze in materia idrica all'A.E.E.G. (Autorità di Vigilanza Energia Elettrica e Gas), questa, nell’approvare il c.d. Metodo Tariffario Transitorio, con propri provvedimenti amministrativi, reintroduceva la remunerazione abolita dal referendum, ribattezzandola con un altro nome ( “costo della risorsa finanziaria”), e gli A.T.I. dell’Umbria, invece di far prevalere la legge referendaria, hanno seguito pedissequamente il sistema tariffario dell'AEEG, introducendo a carico degli utenti anche un nuovo balzello, denominato Foni (Fondo Investimenti).
Per questo, il Comitato Umbro Acqua Pubblica, assistito dall’Avv. Ponziani, ha presentato ricorso al T.A.R. contro la delibera unica degli ATI n.1 e n.2, sulle tariffe 2012-2013., dalle quali non è stata eliminata ( se non nominalmente ) la remunerazione del capitale, abolita dal referendum.
Nessun commento:
Posta un commento