giovedì 24 aprile 2014

L’acqua fa gola, torna l’assedio

Acea. Il Messaggero (Caltagirone): per risanare i conti di Roma vendere il 21% di azioni. All'assemblea del 5 giugno andrà in scena lo scontro sulla natura sociale del gruppo: il sindaco Marino aveva chiesto il ricambio del management



La curva delle azioni della mul­ti­na­zio­nale romana Acea è il vero ter­mo­me­tro delle inten­zioni poli­ti­che sulle pri­va­tiz­za­zioni. Nel giu­gno del 2011 — dopo i refe­ren­dum sull’acqua — le azioni ini­ziano una repen­tina discesa verso i minimi sto­rici. Il mana­ge­ment nomi­nato dai soci pri­vati era nel panico, il pro­getto di allar­gare a dismi­sura la gestione dei beni comuni rischiava di sal­tare defi­ni­ti­va­mente. La prima rea­zione fu dura: bloc­care tutti gli inve­sti­menti, creando una pres­sione, discreta ma sof­fo­cante, per cor­rere ai ripari.
La prima mossa fu la richie­sta di un parere legale a un avvo­cato di ecce­zione, il figlio del pre­si­dente Napo­li­tano, Giu­lio, che pre­sentò una rela­zione su come recu­pe­rare almeno una parte di quel pro­fitto garan­tito abro­gato dai refe­ren­dum. La pre­oc­cu­pa­zione degli inve­sti­tori d’altra parte era evi­dente. Nei mesi pre­ce­denti il voto dell’articolo 23 bis della legge Ron­chi — poi abro­gato — che avrebbe obbli­gato il comune di Roma a cedere buona parte di quel pac­chetto del 51% delle azioni ancora in mano pub­blica, aveva risve­gliato l’interesse dei grandi gruppi finan­ziari. Con Cal­ta­gi­rone in prima fila. Erano gli anni della gestione Ale­manno, il sin­daco che aveva in tasca il pro­getto di ces­sione di quel poco di sovra­nità sui ser­vizi pub­blici ai suoi grandi elet­tori. Poi, per i soci pri­vati del colosso dell’acqua, primo ope­ra­tore del set­tore idrico in Ita­lia, ini­zia­rono mesi dif­fi­cili. Con il cam­bio della guar­dia al comune di Roma.
Oggi — a tre anni dal voto popo­lare del giu­gno 2011 — Acea torna a sca­lare le vette della Borsa di Milano, con un nuovo record sto­rico. La curva delle azioni ha ripreso a salire spinta da due asset: l’arrivo di Mat­teo Renzi e la discus­sione sui conti romani, appesi al decreto che dovrebbe sal­vare il sin­daco Marino dal crack. Qual­cosa si muove per gli ideo­logi della gestione pri­vata a tutti i costi, par­titi alla ricon­qui­sta delle posi­zioni per­dute. Par­tendo pro­prio da Roma. Ovvero dalla madre di tutte le privatizzazioni.
La porta d’ingresso oggi si chiama bilan­cio comu­nale, e il suggerimento-diktat per Igna­zio Marino è arri­vato pun­tuale dal gior­nale romano il Mes­sag­gero, con­trol­lato da Fran­ce­sco Gae­tano Cal­ta­gi­rone, il prin­ci­pale socio della hol­ding romana, con in mano il 16% delle quote. «Ven­dere il 21% delle azioni di Acea» è la solu­zione per sanare i conti, spie­gava ieri il quo­ti­diano, dedi­cando ampio spa­zio alle dimis­sioni dell’assessora capi­to­lina al bilan­cio Daniela Mor­gante. Nei mesi scorsi Marino aveva pro­vato a imporre il suo peso di prin­ci­pale azio­ni­sta ad Acea, scon­tran­dosi con un muro. E l’impressione è che Renzi non stia pro­prio dalla sua parte. L’ex sin­daco Acea la cono­sce bene: da anni Firenze è il socio di rife­ri­mento di Publiac­que, il gestore degli acque­dotti di buona parte della Toscana e l’attuale pre­si­dente Era­smo D’Angelis — vici­nis­simo al pre­mier — è un fer­vido soste­ni­tore della pre­senza dei pri­vati nella gestione del sistema idrico inte­grato. Una tem­pe­sta per­fetta, pre­an­nun­ciata da un emen­da­mento — poi caduto — di Linda Lan­zil­lotta (asses­sora all’epoca Rutelli, quando il Cam­pi­do­glio firmò la prima pri­va­tiz­za­zione alla fine degli anni ’90) che ten­tava di imporre la ces­sione delle quote di Acea sul mercato.
Poche ore dopo la moral sua­sion del Mes­sag­gero, sono arri­vate le parole del pre­si­dente della hol­ding romana Gian­carlo Cre­mo­nesi, uomo del cer­chio magico di Cal­ta­gi­rone: «Io temo che una par­te­ci­pa­zione pub­blica impor­tante nelle società ero­ga­trici dei ser­vizi pub­blici locali — ha com­men­tato durante un incon­tro alla Camera di com­mer­cio — fac­cia dimi­nuire il grado di atten­zione e di veri­fica sulla qua­lità dei ser­vizi: è come se il con­ce­dente veri­fi­casse se stesso. Quanta voglia ha il con­ce­dente di deci­dere se la società in que­stione dev’essere san­zio­nata o meno?». Parole che anti­ci­pano quale sarà la stra­te­gia del gruppo Cal­ta­gi­rone nei pros­simi giorni, che si annun­ciano di fuoco. Il 5 giu­gno l’assemblea dei soci si dovrà con­fron­tare con la posi­zione di Marino, che nei mesi scorsi aveva chie­sto un ricam­bio deciso del management.
Andrea Palladino, ROMA, 17.4.2014