Martedì 12 giugno, ad un anno esatto
dal referendum contro la privatizzazione dell’acqua, il Comitato
provinciale di Terni per l’acqua bene comune ha consegnato ai
funzionari del Sii (servizio idrico integrato) centinaia di reclami
per la mancata applicazione degli esiti referendari. La campagna di
obbedienza civile è partita in molte città italiane - nei giorni
del primo compleanno della grande vittoria del popolo referendario -
con lo scopo di far rispettare il voto espresso dai 27 milioni di
cittadini che hanno partecipato alle consultazioni. Rispettare il
voto significa inequivocabilmente eliminare dalle bollette dei
servizi idrici la “remunerazione del capitale investito”, voce di
spesa abrogata dal secondo quesito referendario.
Nessun gestore ha, ad oggi, applicato
la normativa in vigore dal 21 luglio 2011: per tutta risposta, i
comitati già attivi durante la campagna referendaria sono tornati a
far sentire la propria voce, chiedendo la decurtazione dalle bollette
del capitolo di spesa abrogato dal voto popolare e sottoscritto dal
Presidente della Repubblica nel luglio dello scorso anno. La campagna
di obbedienza civile si è svolta - a Terni – principalmente in
occasioni e spazi pubblici, ed è stata sin dall’inizio
caratterizzata dalla decisa volontà di denunciare il gravissimo
“furto di democrazia” per cui il voto di milioni di cittadini
rischia di essere scavalcato dagli interessi del capitale.
In questo senso la situazione ternana
non costituisce un’eccezione: in tutta Italia è valso un giochino
- suggerito curiosamente da Napolitano junior ad Acea - che prevede
lo spostamento della cifra illegittima dalla voce “capitale
investito” a quella “costo finanziario della fornitura del
servizio”. Il profitto non va dunque eliminato, basta che non venga
considerato un “utile” ma un costo per l’erogazione del
servizio: è sufficiente dunque cambiargli di nome e il pericolo di
una gestione dell’acqua senza lucro è sventato.
Non a caso, a partire da gennaio 2012,
dalla bolletta del Sii è sparito quel 7% di remunerazione del
capitale ed è comparso un magico aumento del 6,22% del costo della
fornitura dell’acqua. La tesi di Giulio Napolitano, per cui la
cifra in questione non è un profitto per le Srl bensì un costo di
gestione del servizio, è stata dunque accolta a Terni come altrove -
Puglia vendoliana compresa.
Ed è esattamente questo l’argomento
utilizzato dall’amministratore delegato del Sii al momento del
confronto con i rappresentanti del Comitato provinciale ternano: si
tratterebbe di costi di gestione, non di profitto.
Durante la consegna dei moduli c’è
stato un lungo confronto tra il comitato referendario e l’Ad del
Sii, Graziano Bernardi, cui sono stati esposte le ragioni delle
centinaia di cittadini ricorrenti e della lotta perché l’acqua sia
un bene comune e non una merce. Ben 416 famiglie, soltanto in questa
prima fase della campagna, hanno chiesto il rimborso del 7% della
bolletta. Ma dal Sii rispondono che si applicano tecnicamente le
delibere dell’Ato, l’assemblea dei sindaci che dispone le linee
guida della gestione del servizio. Da parte del Comitato non può che
essere sottolineata la permeabilità dei rapporti tra l’Autorità
(l’Ato) e il gestore (il Sii), che poi è quella che caratterizza
tutte le gestioni miste pubblico-privato, tramite le quali i poteri
forti si rinnovano sul terreno fertile dei servizi essenziali come la gestione di acqua, vie di comunicazione
e rifiuti. La società consortile Sii è al 75% pubblica (composta
per il 51% dai Comuni della Provincia, per il 18% dall’Asm,
l’azienda municipalizzata del Comune di Terni, e per il 6%
dall’Aman di Narni e Amelia), e per il 25% in mano alla proprietà
privata di Umbriadue Scarl.
Ricordiamo che al tempo
dell’applicazione della Legge Galli in Umbria, parte della
Umbriadue Scarl era riferibile all’imprenditore Agarini, figura non
proprio marginale dell’economia ternana, in stretto sodalizio con
la precedente amministrazione. Ad oggi, a fronte delle battaglie
contro il revamping dell’inceneritore Terni-Ena, non stupisce la
presenza di Acea anche nella holding che fa profitti sul servizio
idrico nel ternano. Sembrerebbe singolare la situazione per cui i
Comuni della Provincia diano direttive ad una società di cui essi
stessi sono gli azionisti di maggioranza. La spiegazione è semplice:
il ruolo preponderante del “pubblico” è solo apparente; i patti
parasociali assegnano al privato un ruolo decisivo in quanto le
decisioni vengono assunte non a maggioranza ma con il 76% dei soci,
quindi i Comuni sono prigionieri di una normativa per cui il pubblico
si assume le responsabilità, mentre gran
parte delle carte sono in mano al privato.
Il Comitato è riuscito ad ottenere un
prossimo appuntamento col dirigente dell’Ato: la speranza è che
non vengano utilizzate ancora - nei confronti di cittadini
consapevoli e non certo ingenui - manovre eversive che spostano
responsabilità e parole lasciando tutto com’è, con lo storico
risultato del referendum dello scorso anno completamente,
illegittimamente, disatteso.
Qual è stata la risposta della
cittadinanza di fronte a una nuova campagna dello stesso comitato che
vinse la battaglia referendaria? Ci si aspettava un così evidente
diniego di quanto espresso dal voto popolare?
La gente ci ha riconosciuto e questo ha
facilitato la raccolta delle lettere di diffida. E’ ovvio che se
potessimo contare sui mezzi di informazione tutto sarebbe più
facile, ma i giornalisti purtroppo raramente ci prendono in
considerazione. Recentemente l’Umbria Water Festival ha
imperversato per un intero fine settimana in tutta la regione: tutti
insieme l’hanno data vinta a chi ha inteso, purtroppo con il
supporto delle istituzioni provinciali e regionali, “eventizzare”
l’acqua come già successo con il cioccolato, dimenticando che
l’acqua ha invece bisogno di protezione e sensibilità.
Qualcuno è rimasto allibito dalle
nostre denunce perché riteneva che, una volta raggiunto il quorum al
referendum del 2011, la storia fosse già diversa; altri, più
attenti, si erano resi conto che nulla è ancora cambiato e
sono stati ben felici di avere un’altra opportunità per dimostrare
il loro malcontento. Da qui il buon successo della Campagna anche nei
nostri territori.
Pensi che la situazione della
provincia di Terni presenti delle specificità rispetto a quanto
avviene a livello nazionale?
Purtroppo sì, anche a livello
regionale: basti pensare che un metro cubo d’acqua nel ternano
costa quasi il doppio che nel perugino. Nel ternano, oltre alla
“remunerazione del capitale” - il famoso 7% che dovrebbe essere
decurtato dalla bolletta per effetto del referendum - stiamo pagando
anche 17 milioni di euro a copertura delle perdite che il gestore (il
Sii scpa) ha avuto negli anni passati e che l’Ati 4 ha deciso di
ripianare. Va sottolineato che questa prassi non è consentita dalla
legge, tanto è vero che il Tar dell’Umbria ha emesso una sentenza
in questo senso (al momento si è in attesa della sentenza del
Consiglio di Stato, ndr). La cosa più vergognosa: ogni anno l’Ati
adotta una delibera per stabilire la tariffa media del servizio
idrico integrato che si basa sul Piano d’Ambito (il contratto
stabilito a suo tempo fra Ati e Sii) e l’ha fatto anche per il
2012. Peccato che il facile conteggio che porta alla determinazione
della tariffa sia stato contraffatto e, anziché decurtare il 7%, la
delibera preveda un ulteriore aumento del 7% pur se, a parole, viene
riconosciuta la necessità della cancellazione della quota di
remunerazione del capitale.
Cosa si aspetta il comitato? Pensate
che il gestore accetti le istanze di rimborso? Vi aspettate qualcosa
da parte dell’amministrazione?
Il Comitato ovviamente crede nella
bontà di questa iniziativa in quanto non fa altro che ribadire
quanto già sancito dal referendum e per questo si è nuovamente
attivato affinché l’argomento, a un anno esatto, ritorni di
attualità. Nello stesso tempo ci si rende conto delle difficoltà.
L’attuale vuoto legislativo a livello nazionale non fa che
facilitare l’alzata di spalle da parte del gestore e, quel che è
peggio, da parte degli amministratori locali che, un po’ per
ignoranza della materia, un po’ perché strangolati dalle
ristrettezze economiche, non riescono neppure lontanamente ad
immaginare una gestione del servizio idrico davvero pubblica e partecipata.
Aggiungiamo che il direttore tecnico
dell’Ati, l’ingegner Spinsanti, si è degnato di concedere un
incontro al Comitato aggiungendo che in dieci minuti sarà in grado
di spiegarci tutto, ribadendo così ancora una volta la sua odiosa
certezza di aver sempre a che fare con degli ingenui.
Pubblicato su Micropolis - Giugno 2012